Facciamo chiarezza su un tema attuale e vicino ad ognuno di noi: l’utilizzo dei pronomi in stretta relazione con l’identità di genere.
Al giorno d’oggi ci si ritrova abbastanza di frequente ad affrontare temi che riguardano la comunità LGBTQIA+, per esempio, tutto ciò che riguarda l’orientamento sessuale, la transizione (ovvero il percorso che segue una persona transessuale per arrivare a vivere nel genere nella quale si identifica), l’identità di genere e l’espressione di genere (insieme di comportamenti, apparenze, interessi e aspetto di una persona, con la quale si presenta alla società).
Prima di parlare però dell’utilizzo dei pronomi, diamo una definizione a “identità di genere”. L’identità di genere si riferisce alla percezione che ognuno ha di sé riguardo al sesso e al genere (che può essere maschile, femminile o non-binario); ogni persona ha di conseguenza la propria identità che non riguarda l’orientamento sessuale e può differire dal sesso biologico. “Genere” e “sesso” hanno significati diversi e non vanno confusi; con la parola “sesso” infatti, ci si riferisce esclusivamente all’anatomia dell’individuo.
Purtroppo molto spesso, sia volontariamente che involontariamente, l’identità di genere di alcune persone non viene rispettata e si ricade perciò nel misgendering. Si definisce effettivamente misgendering, “parlare di qualcuno utilizzando termini o pronomi non adeguati al genere con la quale si identifica”. Questo può portare ad un abbassamento di autostima o comunque a conseguenze negative sul benessere della persona che non si sente rispettata. Bisogna quindi prestare attenzione per evitare situazioni di questo genere; sarebbe educato scusarsi ogni volta che ci si dovesse trovare in tale circostanza.
Per quelle persone che usano di consueto l’inglese, non esistono problemi nello scritto e nel parlato, perché utilizzano “She/Her” per il femminile, “He/Him” per il maschile e “They/Them” per le persone non-binarie (comunemente chiamate non-binary), gender fluid e transgender. L’italiano però difetta del genere neutro e quindi almeno nello scritto, sono state trovate delle soluzioni valide. L’alternativa più comune è l’inserimento dell’asterisco alla fine della parola, per esempio “bell*” o “simpatic*”; altra alternativa è lo “ə” (“schwa”, che viene pronunciata come una “e” molto chiusa), il cui suono è già presente in gran parte dei dialetti dell’Italia centrale, è quindi conosciuto da moltissime persone e valida anche nel parlato.
L’ultima soluzione, altrettanto valida nel parlato quanto nello scritto, è la desinenza “-u”, utilizzata nei dialetti meridionali estremi poiché isolati e conservativi. I sostantivi e gli aggettivi infatti si sono modificati dal latino all’italiano dal caso accusativo, con la caduta della “-m”. Precedentemente però, in molti singolari neutri la declinazione terminava in “-u”. Lo Schwa e la desinenza “-u” sono motivo di dibattito perché non essendo il genere neutro presente nella lingua italiana, è difficile trovare un comune accordo.
Per risolvere questo problema, è possibile però parlare di persone transgender, gender fluid, non-binary o di cui non conosciamo l’identità di genere come “persona”; per esempio: “Sei una persona carina” al posto di “Sei carino/a” o ancora “Sei una persona troppo impulsiva” anziché “Sei troppo impulsivo/a”. Questo tipo di termini con la quale possiamo riferirci sia a ragazzi, che a ragazze, o a persone non-binary, transgender o gender fluid, sono di utilizzo comune e semplice, ed evitano che si presentino momenti particolarmente spiacevoli.