Innamorarsi è una esperienza meravigliosa, caratterizzata da sentimenti ed emozioni che pervadono l’anima, permettendole di godere di beatitudine e di gioia sconfinata. Nella realtà, nel processo di innamoramento subentrano dei meccanismi psicologici interni che fanno sì che ci si innamori più dell’idea che ci creiamo del partner e della relazione, che non della persona reale. Il più comune è l’idealizzazione del partner: un processo normale nell’innamoramento ma, se nelle persone mature ed evolute psicologicamente gli aspetti idealizzati del partner non si allontanano troppo dalle sue caratteristiche reali, nelle persone con problematiche affettive e relazionali l’idealizzazione è fantasiosa e irreale e molto lontana dalle qualità reali che l’altra persona possiede.
LA PROIEZIONE Il primo processo che entra in gioco nella fase dell’innamoramento è la proiezione: tendiamo a trasferire caratteristiche, sentimenti, impulsi e pensieri che appartengono solo alla nostra persona, verso il partner o la persona che stiamo conoscendo. Si possono proiettare sull’altro sia aspetti positivi che negativi di noi stessi, ma nella prima fase di innamoramento, si tende normalmente a proiettare maggiormente le qualità positive che ci appartengono rispetto a quelle negative.
La proiezione può portare a credere erroneamente che anche l’altro provi dei sentimenti nei nostri confronti. Questo avviene perché abbiamo proiettato sull’altro i nostri sentimenti interni, di trasporto e coinvolgimento, aspettandoci di essere corrisposti, perché interpretiamo i messaggi verbali e non verbali dell’altro come evidenti manifestazioni del suo interesse nei nostri confronti nonostante ciò non accada realmente. Successivamente a questo comportamento, se avviene un rifiuto, l’idealizzatore cercherà di proteggere il suo senso di sicurezza interiore da ogni attacco potenziale alla sua autostima attraverso delle difese psichiche, negando l’evidente.
L’IDEALIZZAZIONE Nell’innamoramento subentra successivamente l’idealizzazione. Questo meccanismo ci permette di sentirci innamorati e significa accrescere le virtù di un’altra persona e ridurre le proprie qualità per vedere il valore della “perfezione” riflesso in essa.
Ma su quale canone viene creata la perfezione? La risposta l’abbiamo grazie a Sigmund Freud con «ideale dell’Io» del 1914, in cui tratta dell’illusione della perfezione narcisistica della prima infanzia nei bambini.
Nei più piccoli l’onnipotenza rappresenta una normale fase di cambiamento: il bambino pensa di essere unico, speciale e di essere in possesso di poteri straordinari che gli consentono di realizzare qualsiasi cosa ed essere invincibile. Quando egli si rende conto di non essere in grado di corrispondere a tale modello di perfezione, tenta di riconquistarlo come ideale quando è costretto a evolversi, abbandonando il senso di onnipotenza e proiettandolo sulle figure genitoriali. Vedendo nella madre e nel padre due figure invincibili verrà di conseguenza influenzato dalle aspirazioni, dalle aspettative e dagli aspetti idealizzati che le figure genitoriali hanno.
Quindi tutti noi abbiamo internamente un’immagine interiore di perfezione, bellezza e armonia mitizzati che è definita come “ideale dell’Io”. Essa contempla l’idea esaltata di come vorremmo essere e contribuisce alla stima, sicurezza e fiducia che riponiamo in noi stessi. In conseguenza a ciò, nel processo dell’innamoramento, il partner viene associato all’ideale dell’Io e, successivamente, viene amato per le caratteristiche di perfezione a cui noi ambiamo, più che per le sue reali caratteristiche.
La persona idealizzata viene irrazionalmente considerata quasi come una divinità, mentre il soggetto innamorato viene reso inferiore a confronto del partner. Il soggetto su cui proiettiamo i nostri sentimenti, impulsi, pensieri e caratteristiche, si posiziona al posto dell’ideale dell’Io. Proprio come da bambini ritenevamo eccezionali e speciali prima noi stessi e successivamente i nostri genitori, ora è il partner ad essere idealizzato.
Nel processo di idealizzazione ci innamoriamo anche dell’ immagine interna che l’altro ci rimanda perché questa è la rappresentazione mentale, voluta e idealizzata, che desideriamo l’altro possegga di noi. Quindi ci innamoriamo della rappresentazione immaginaria in cui l’altro è eccezionale e noi siamo straordinari perché in relazione.
LA SVALUTAZIONE Terminata, come da fisiologico in un rapporto affettivo, la fase “acuta dell’innamoramento”, la persona sana proverà ancora coinvolgimento e interesse per il compagno perché l’idealizzazione non si è basata su aspettative totalmente irrealistiche e prive di fondamento. Mentre nella persona affettivamente e sentimentalmente immatura, conclusa la fase di intenso coinvolgimento che contraddistingue l’innamoramento, emergerà il meccanismo di svalutazione, un comportamento di difesa psichica tipica dei disturbi borderline e narcisistico, caratterizzata dalla degradazione, dallo svilimento ed umiliazione dell’altro.
Nel momento in cui le aspettative riposte nel partner si scontrano con una realtà deludente ed insoddisfacente, l’altro viene sminuito nel suo valore, non solo a livello intrapsichico e interiore, ma spesso anche attraverso comportamenti manifesti di offese e denigrazioni verso il compagno, volti, contemporaneamente, a sminuire l’altro e ed esaltare il soggetto. Più l’idealizzazione è stata preponderante e illusoria nella fase dell’innamoramento, maggiore sarà la svalutazione.
L’esito di questo processo consiste solitamente in una fine ingloriosa e conflittuale della relazione stessa. Anzi, il soggetto proverà astio e rancore nei confronti del compagno, visto alla stregua di un persona spregevole. Il soggetto si sentirà tradito nelle aspettative che l’altro non ha realizzato e corrisposto. In realtà l’altro è sempre stato lo stesso, è solo la prospettiva con cui il soggetto lo ha visto che è cambiata.
(Una riflessione basata su “Psicologia nera” di Franco Sileri)