RECENSIONI

E tu? Credi nelle leggende?

Ci siamo mai chiesti perché da piccoli ci piaceva così tanto ascoltare le storie? Eravamo dei bambini spensierati e appassionati di qualsiasi cosa, curiosi di sapere il perché delle novità che ci circondavano. A volte diventavamo fastidiosi quando avevamo una sfilza di quesiti da chiedere a raffica alle maestre o ai nostri genitori che, spesso, non potendo deludere le nostre aspettative, si inventavano delle risposte al momento. Alla fine poco importava se fossero realistiche o meno ma noi, armati di tutto il nostro entusiasmo per aver scoperto cose nuove, ce ne andavamo a raccontarle ai nostri amici. Questo è quello che fanno le leggende, nascono quando l’immaginazione gioca con la realtà. Nel loro insieme sono certamente uno dei più bei prodotti dell’intelligenza umana perché parlano, sì, di fatti veri, ma lo fanno usando lo stupore e la fantasia come punti di forza.

I racconti leggendari sono moltissimi e parlano praticamente di tutto. Alcune di queste storie fanno addirittura parte di una stessa cultura, facendo diventare quel popolo ancora più interessante. Un esempio possiamo sicuramente trovarlo nella cultura orientale, in particolare in quella giapponese.

Per i più curiosi ecco alcune interessanti leggende da poter leggere e scoprire:

1. La leggenda del “filo rosso del destino”

Quella del “filo rosso del destino” è una credenza molto diffusa in Giappone, che si rifà a un’antica leggenda cinese. Essa narra che ognuno di noi nasce con un’ invisibile filo rosso legato al mignolo della mano sinistra. Questo filo ci lega indissolubilmente alla persona cui siamo destinati: il grande amore, per noi occidentali la nostra anima gemella.

Le due persone così unite, sono destinate a incontrarsi, non importa il tempo che dovrà passare, le circostanze o le distanze che le separano. Perché, il filo rosso, sarà lunghissimo e fortissimo e non si spezzerà mai. Sarà lo stesso destino a tenerlo saldo e unito finché esse non s’incontreranno. Durante la Dinastia Tang, un tale di nome Wei, i cui genitori erano morti quand’era molto giovane cercò per tanto tempo una donna da sposare e con cui creare una famiglia, ma non ci riuscì.

Una sera, arrivò nella città di Song e in una locanda un uomo gli disse che la figlia del governatore sarebbe stata la donna giusta. L’indomani mattina, Wei incontrò sui gradini di un tempio un vecchio che leggeva un libro in una lingua incomprensibile e gli chiese cosa fosse. Il vecchio rispose che lui veniva dall’aldilà e che era lì per occuparsi delle faccende umane, soprattutto dei matrimoni. Disse a Wei che la sua anima gemella aveva solo tre anni ora e che avrebbe dovuto aspettare quattordici anni prima di incontrarla e averla tutta per sé. Così Wei, curioso, si fece accompagnare al mercato per vedere la sua futura sposa.

Deluso dalla povertà in cui viveva la bambina, decise di ucciderla per essere sicuro di poter scegliere lui chi sposare. Mandò quindi un suo servitore ad accoltellarla e quando quello tornò, gli disse che l’aveva colpita in mezzo agli occhi. Wei proseguì più tranquillo la sua vita, dimenticandosi di quella storia.

Trascorsero quattordici anni senza riuscire, però, a trovare una sposa adatta a lui. Ormai viveva nella città di Shangzhou, benestante, e il governatore di quella città gli offrì in sposa sua figlia. Finalmente Wei ebbe una moglie e incuriosito da una pezza che le copriva la fronte, le chiese dove si fosse procurata quella cicatrice. Lei rispose che all’età di tre anni un uomo cercò di ucciderla al mercato. Così Wei rivelò tutta la verità e capì che quel vecchietto del tempio aveva ragione: sin dalla nascita siamo destinati a qualcuno e che niente e nessuno può rompere quel legame.

2. Tanabata, la Festa delle Stelle, leggenda di un amore millenario

C’era una volta una bellissima principessa di nome Orihime, figlia di Tentei, imperatore del cielo e sovrano di tutti gli dei. La principessa viveva col padre sulle sponde del Fiume Celeste e passava tutte le sue giornate a tessere la tela con cui poi cuciva preziosi abiti per tutti gli dei. Orihime lavorava molto duramente per far felice il padre ma era triste perché a causa del suo lavoro non avrebbe mai potuto incontrare nessuno. Un bel giorno, Tentei, grazie all’amore per la figlia e al dispiacere che provava nel vederla così triste, decise di darla in sposa ad un bellissimo giovane di nome Hikoboshi, un mandriano che aveva il compito di far pascolare i buoi sacri.

Per i due giovani fu amore a prima vista. Essi si innamorarono follemente l’uno dell’altra ed erano talmente felici che, presi dall’amore e dalla passione, trascorrevano ogni giornata insieme, dimenticandosi di tutto il resto, anche dei loro doveri. Di conseguenza, Orihime non tesseva più la sua tela, lasciando gli dei senza abiti, e i buoi di Hikoboshi vagavano senza controllo per tutto il cielo. Questo scatenò la rabbia di Tentei, che non poteva tollerare questa situazione e, per porvi rimedio, fu costretto a punire severamente i due sposi. Orihime e Hikoboshi furono separati ai due lati del Fiume Celeste e costretti a tornare ai loro doveri.

La principessa era disperata, non poteva vivere senza il suo amato e continuava piangere ininterrottamente. Tentei, commosso dalle lacrime della figlia, consentì allora che i due si potessero incontrare, ma solamente una volta l’anno, il settimo giorno del settimo mese. Da allora, uno stormo di gazze giunge ogni anno, ed esse creano un ponte con le loro ali, cosicché Orihime possa attraversare il Fiume Celeste e riabbracciare il suo tanto amato Hikoboshi.

Ancora oggi nelle notti d’estate possiamo alzare gli occhi al cielo ed ammirare il Fiume Celeste: la Via Lattea, ai cui lati si possono scorgere due brillanti stelle: Vega, la principessa Orihime ed Altair, il pastore Hikoboshi. Accanto ad Altair ci sono anche due piccole stelle che la leggenda vuole siano i figli dei due innamorati.

In Giappone, il settimo giorno del settimo mese, per ricordare l’incontro di Orihime ed Hikoboshi si usa appendere dei tanzaku ai rami di un albero di bambù. Un tanzaku è un desiderio, una poesia, una preghiera, che viene scritto in verticale su un cartoncino colorato o della carta tradizionale di forma rettangolare e viene poi appeso ai rami di bambù, adornati con altri ornamenti in carta, sistemati nei giardini o all’ingresso delle case.

Tanzaku

Si tratta della festa del Tanabata, nota anche come Festa delle Stelle, che nasce da questa leggenda popolare di origine cinese, della quale esistono svariate versioni, e si celebra solitamente il 7 luglio di ogni anno o, in alcune località, il 7 agosto (a seconda che ci si riferisca al calendario solare o lunare).

3. Sakura, leggenda giapponese sull’amore vero

Fatti questi apparecchi, non volle differire più oltre a dar esecuzione al suo divisamento, affrettandolo a ciò la persuasione che il suo indugio lasciasse un gran male nel mondo; sì numerose erano le ingiurie che pensava di dover vendicare, i torti da raddrizzare, le ingiustizie da togliere, gli abusi da correggere, i debiti da soddisfare.

La leggenda giapponese di Sakura risale a centinaia di anni fa. In quell’epoca i signori dei feudi si sfidavano in battaglie nelle quali morivano moltissimi umili combattenti, diffondendosi così nel paese tristezza e desolazione. A causa del susseguirsi di guerre, i momenti di pace erano molto rari.

Nonostante ciò, esisteva uno splendido bosco che la guerra non aveva ancora toccato, pieno di alberi rigogliosi che esalavano delicati profumi e consolavano i tormentati abitanti dell’antico Giappone. Nonostante tutte le battaglie che si svolgevano ogni giorno, nessuno degli eserciti osava contaminare tale bellezza naturale. 

In quel meraviglioso bosco si ergeva un albero che non fioriva mai. Pur essendo pieno di vita, sui suoi rami non apparivano mai i fiori. Per questo aveva l’aspetto di un albero morto, ritorto e secco. Pur essendo vivo, sembrava condannato a non godere del colore e degli aromi della fioritura.

L’albero si ergeva solitario. Gli animali non gli si avvicinavano per paura di essere contagiati dallo stesso male, neanche l’erba cresceva nei suoi dintorni. La solitudine, la sua unica compagna. Narra la leggenda di Sakura che una fata dei boschi si commosse vedendo l’albero apparisse vecchio, pur essendo giovane.

Una notte la fata comparve accanto all’albero e con nobili parole gli sussurrò che avrebbe voluto vederlo rigoglioso e raggiante, e che era disposta ad aiutarlo. Allora gli fece la sua proposta: avrebbe lanciato un incantesimo che sarebbe durato 20 anni. Durante questo lasso di tempo, l’albero avrebbe provato quello che prova il cuore umano. Forse così si sarebbe emozionato e avrebbe trovato la fioritura.

La fata aggiunse che si sarebbe potuto trasformare in qualsiasi momento in essere umano e di nuovo in pianta, come più desiderava. Tuttavia, se terminati i 20 anni non fosse riuscito a recuperare la sua vitalità e bellezza, sarebbe morto immediatamente.

Proprio come disse la fata, l’albero scoprì che poteva prendere le sembianze di un uomo e tornare a essere albero quando voleva. Provò a passare lunghi periodi tra gli umani, per vedere se le loro emozioni lo potevano aiutare nel suo proposito di fiorire. Inizialmente, però, ricevette una delusione: attorno a lui non vedeva altro che odio e guerra.

Questo lo spingeva a tornare nelle sue sembianze originali per lunghi periodi, e così passarono i mesi e poi gli anni. L’albero era quello di sempre e non trovava negli esseri umani la svolta che potesse liberarlo dalla sua condizione. Un giorno, tuttavia, dopo essersi trasformato in umano, camminò fino a un ruscello cristallino e lì vide una bellissima giovane. Era Sakura. Impressionato dalla sua bellezza, l’albero dalle sembianze umane si avvicinò a lei.

Sakura si rivelò gentile con lui. Per ricambiare la sua gentilezza, la aiutò a trasportare l’acqua fino a casa. Durante il tragitto conversarono animatamente, e con una vena di tristezza sullo stato di guerra in cui si trovava il loro paese, condividendo i loro sogni di speranza.

Quando la giovane gli chiese quale era il suo nome, all’albero venne in mente una sola parola: “Yohiro”, che significa speranza. Tra i due nacque una profonda amicizia. Si incontravano tutti i giorni per conversare, per cantare e leggere poemi e libri pieni di storie meravigliose. Più conosceva Sakura, più sentiva il bisogno di stare al suo fianco. Quando non era con lei, contava i minuti che mancavano per vederla.

Un giorno Yohiro non poté più trattenersi e confessò a Sakura tutto il suo amore. Le confessò anche la sua vera natura: era un albero tormentato che presto sarebbe morto perché non era riuscito a fiorire. Sakura rimase impressionata e restò in silenzio. Il tempo era passato e la scadenza dei 20 anni stava per avvicinarsi. Yohiro, che tornò ad assumere le sembianze di un albero, si sentiva sempre più triste.

Un pomeriggio, quando meno se lo aspettava, Sakura si presentò al suo fianco. Lo abbracciò e gli disse che anche lei lo amava. Non voleva che morisse, non voleva che gli accadesse nulla di male. Fu allora che apparve nuovamente la fata e chiese a Sakura di scegliere: rimanere umana o fondersi con Yohiro sotto forma di albero.

Lei si guardò intorno e ricordò i campi desolati e distrutti dalla guerra. Allora scelse di fondersi per sempre con Yohiro. Ed ecco che i due si fusero e divennero uno solo, e come per miracolo, l’alberò fiorì. La parola Sakura significa “Bocciolo di ciliegio”, ma l’albero non lo sapeva. Da allora, il loro amore profuma i campi del Giappone.

Ciliegi in fiore tipici dei giardini giapponesi

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