di Andrea Dalla Palma
“Da una crisi non si esce uguali: o usciamo migliori o usciamo peggiori”
Papa Francesco
Il 3 ottobre 2020 ad Assisi, Papa Francesco ha firmato la sua terza enciclica. Un’enciclica è una lettera che il Papa, in quanto capo della Chiesa Cattolica, scrive rivolgendosi a tutti i credenti e che riguarda temi dottrinali, religiosi o sociali.
Dopo l’enciclica Laudato si’ del 2015, con la quale Papa Francesco aveva esortato alla tutela dell’ambiente (molto prima quindi di Greta Thunberg o dei Fridays for Future), egli ha deciso di dedicare questa nuova enciclica al mondo post CoVid, con un titolo significativo: Fratelli tutti. Questo titolo, rivolto sia alle donne che agli uomini, si rifà ad un’espressione usata dal santo patrono d’Italia, Francesco D’Assisi, da cui il papa ha tratto spunto nel 2013 per il suo nome pontificale.
In Fratelli tutti il Papa inizia con l’analizzare la pandemia del CoVid19 e le grandi distanze nelle relazioni sociali che si sono venute a formare. Infatti, se grazie alla tecnologia è stato possibile sentirsi iper-connessi, la vera connessione fra esseri umani, quella relazionale è venuta meno ed il contatto fisico di prima non è più possibile, tanto meno nell’ambiente scolastico che tutti noi frequentiamo ogni giorno.
Ma Fratelli tutti è molto più di questo, è un’enciclica sociale e una denuncia contro le tante ingiustizie e disuguaglianze ancora presenti nel nostro pianeta, ma anche contro la crisi economica, sociale e culturale che l’intero Occidente sta vivendo. Fra le tante conseguenze di questa profonda crisi vi è senz’altro l’enorme potere che la grande finanza ha acquisito in questi anni e che, nonostante sia ignorato da molti leader nazionali ed europei, dovrebbe essere oggetto di riflessione da parte di tutte e tutti noi. Infatti, in questo mondo della globalizzazione senza regole che stiamo vivendo, il denaro conta molto di più rispetto al valore umano delle persone e l’unico leader internazionale ad essersene accorto è proprio il Papa che riconosce quanto negli ultimi anni “l’aprirsi al mondo” sia diventata un’espressione dell’economia e della finanza con esclusivo riferimento a poteri economici che, soprattutto nei paesi più poveri, non sono sottoposti né a vincoli, né a regole.
La globalizzazione culturale fondata sul dialogo fra diversi e sul costruire ponti fra popoli, che tanti di noi avevano sognato, è stata tradita nell’ultimo decennio e al suo posto ha trionfato il semplice crollo delle frontiere economiche, piuttosto di quelle culturali e sociali. Tutto ciò non deve però essere ritenuto come relegato esclusivamente al continente africano o asiatico; infatti anche il Vecchio Continente, l’Europa, sta vivendo nuove forme di sfruttamento, nonostante si faccia di tutto per ignorarle. Pensiamo ad esempio alle tante persone che lavorano in luoghi non a norma o malsani e senza essere remunerate a sufficienza, ma anche ai tanti che il lavoro l’hanno perso e sono costretti a lavorare non in regola, con stipendi bassi e senza alcun diritto o dignità, oppure costretti a lasciare il proprio Paese. Il Papa denuncia questa situazione e riconosce che l’individuo non è più considerato come tale, con i suoi pregi e difetti, diritti e doveri, ma come un consumatore a cui inculcare sempre nuovi bisogni, che soddisferà spendendo il proprio denaro.
Questa visione estremamente materialista non fa altro che dimostrare quanto la crisi dell’Occidente vada ben oltre la crisi economica iniziata nel 2008 e che trova la propria continuità nelle conseguenze dell’attuale pandemia.
Purtroppo però la politica, che dovrebbe occuparsi di questi problemi, è assente. Infatti il concetto di politica, inteso come dedicarsi alla vita pubblica attraverso il servizio alla comunità, ha subito negli ultimi anni un notevole indebolimento a causa di scandali e corruzione. Nel frattempo nel mondo politico nuovi o vecchi movimenti hanno ottenuto visibilità, non riuscendo tuttavia a dimostrarsi all’altezza del momento storico. Interessata esclusivamente a raccogliere consenso, la classe politica ha decretato tacitamente la fine della coscienza storica, come la definisce Francesco, arrivando in alcuni casi a mettere in discussione fatti storici realmente accaduti, negando fatti scientificamente provati, svuotando interi popoli dei valori ai quali erano legati. Questa nuova politica, priva di contenuti e di soluzioni ai problemi della società, mette inevitabilmente ogni generazione contro l’altra, avendo a cuore unicamente la crescita economica e non il benessere dei popoli. Il tutto seguendo la logica “Dividi et impera” (“dividi e governa”) e vedendo come nemico naturale la cultura, vera antagonista a questa corsa al consumismo.
In questa enciclica, che più che cattolica potremmo definire universale, Papa Francesco si rivolge a tutte e a tutti, credenti e non credenti, agnostici e appartenenti a qualsiasi fede, facendo riferimenti che vanno oltre il panorama culturale cattolico, storico o attuale. La nuova enciclica è la dimostrazione che forse, nonostante le enormi difficoltà, l’istituzione Chiesa può ancora essere un punto di riferimento importante per l’Occidente, in particolar modo contro la crisi dei valori occidentale, in modo da poter riuscire a diffondere nella società quei valori comuni di solidarietà umana, economica e sociale che sembrano essere stati sostituiti dalla pubblicità.
Grazie di cuore Andrea per questa profonda riflessione. Sarà un’enciclica che riprenderò anche in classe perché ricca di contenuti umani e universali, come hai detto tu.
Leggendo questa enciclica mi è venuta in mente l’intervista che abbiamo fatto a Mohamed Ba nella puntata di “Einaudi c’è” intitolata: LA BELLEZZA DELLA DIFFERENZA ( https://www.youtube.com/watch?v=YXlQ5mkc2Q4 )… E Mohamed è musulmano. La Sapienza e il Bene sono davvero universali, mentre è l’ignoranza che è chiusa e bigotta.
Grazie ancora
Matteo R.