Hiraeth è un termine gallese che descrive una nostalgia del passato, di ciò che un tempo desideravamo, ma che non abbiamo avuto, o di quello che ci siamo lasciati alle spalle e che non tornerà più.
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La prima rivoluzione industriale non ha cambiato solo il mondo del lavoro ma, in maniera profonda, anche la vita dell’uomo.
Non si può dire se in meglio o in peggio; i vantaggi e gli svantaggi sono in egual misura presenti, ma variano moltissimo se visti con gli occhi di un ragazzo che vive in un paesetto di montagna o da quelli di una ragazza che è cresciuta in città.
Le unite comunità dei villaggi e dei paesini si sono spostate nei grandi centri urbani e si sono sfaldate. Le persone hanno iniziato a pensare solo a loro stesse, al proprio lavoro e al proprio nucleo familiare. I vecchi e amichevoli vicini di casa hanno iniziato a far parte di quella “folla solitaria” di cui inconsciamente facciamo parte anche noi, la massa da cui tanto diciamo di saperci allontanare.
L’urbanizzazione ha portato più possibilità lavorative, di carriera, e migliori condizioni di vita. Le metropoli offrono svago, inibizioni, momenti di scambio culturale.
Ma niente può essere uguale alla genuinità dei momenti passati nei piccoli centri urbani, dove le persone non avevano bisogno di grandi esperienze per essere felici, ma la vita semplice, circondati da poche persone, era abbastanza. I bambini giocavano all’aperto e imparavano a stare al mondo, a rispettare le regole nel rispetto degli altri e della natura. I momenti ricreativi nelle piazze creavano coesione tra le persone.
Con l’avvento della tecnologia, la nostra semplice vita non è più abbastanza: con la televisione e i social abbiamo più opportunità, ma ci confrontiamo sempre con la vita degli altri e siamo insoddisfatti, annoiati, crediamo che la nostra vita non abbia senso se non abbiamo i soldi, se non facciamo grandi viaggi, se non abbiamo 1000 follower su Instagram, Facebook, TikTok, se non controlliamo puntualmente Whatsapp, Snapchat, Pinterest. Abbiamo paura per il nostro futuro perché è pieno di incognite, e con tutti gli stimoli che provengono dalla quotidianità frenetica intorno a noi non riusciamo a prenderci un momento per pensare, e se ci proviamo, non troviamo le parole per esprimerci, non ci riconosciamo più…
Il mondo cambierà ancora e lo farà sempre più velocemente. Il passato non tornerà, è inutile sperarci, ma possiamo fare tesoro dei suoi insegnamenti e attuarli nella vita di tutti i giorni, per cercare di separarsi dalla “folla solitaria” e creare uno spazio per noi stessi in cui crescere senza aspettative o modelli folli da seguire.
Questa globalizzazione ha accelerato tutti i processi, e sembra che anche solo un minuto perso possa devastare tutta la nostra esistenza. Rimaniamo senza internet un’ora e ci sembra che ci abbiamo strappato fuori dal mondo mentre il vero mondo, la vera vita, è quello che ci scorre accanto mentre abbiamo lo sguardo fisso su uno schermo illuminato. Facciamo tesoro dei momenti passati in famiglia, del profumo della carta stampata, delle chiacchiere con un amico e delle passeggiate in solitudine in mezzo alla natura. È lì che ritroveremo la nostra vita.