Interviste SCUOLA

Abbiamo incontrato uno dei fondatori del Pelapatate!

Un incontro che nessuno si aspettava…

Alla riunione a fine dicembre con gli ex-diplomati, noi della redazione abbiamo avuto l’opportunità di conoscere uno dei fondatori del giornalino! Nicolò Bertoncello che ben 12 anni fa, insieme ad altri studenti dell’Einaudi, ha messo le basi del giornalino che leggete oggi online! 

Sinceramente pensavamo che i fondatori fossero ormai centenari! Il Pelapatate è in questa scuola da così tanto tempo che sembra sia sempre esistito. E invece abbiamo conosciuto Nicolò e abbiamo visto che è un ragazzo di 30 anni con una storia da scoprire. Le sue esperienze e il suo percorso di studi saranno illuminanti per tutti voi.


Un percorso di studi non proprio scorrevole:

Non sono mai stato uno studente modello. Il mio percorso inizia in prima liceo, bocciato, e poi sono venuto all’Einaudi” La bocciatura dice, diversamente da ciò che molti potrebbero pensare, non fu un errore. Afferma addirittura che questa bocciatura fu la migliore delle cose che potesse succedergli in quel momento. Ovviamente sottolinea che non deve essere così per tutti, perché perdere un anno è dura, ma per il ragazzino di quegli anni fu meritatissima e necessaria. 

All’Einaudi era un buon studente. Soprattutto negli ultimi anni, quando diventò direttore del Pelapatate, rappresentante di classe, d’Istituto e faceva pure il MEP. Come molti ragazzi, accusati di fare troppe attività extra-curricolari, lui partecipando a questi progetti riusciva a dare spazio a cose sue

Dopo la 5^, operò una forte scelta di petto: “Mamma vado a Londra, ciao!”. Il bello, confessa, è che non sapeva per niente bene l’inglese e che il primo anno a Londra fu un trauma. Si dovette fare un “mazzo così” per mantenersi e successivamente, 1 anno in Australia, riuscì a recuperare quello che a scuola non aveva imparato.

disclaimer: il suo percorso è il SUO, non rappresenta la soluzione.

Il suo percorso è stato molto accidentato: Università a Cardiff (da cui abbiamo capito che anche uno scarso in inglese può cimentarsi), in “scienze politiche e relazioni internazionali”, che era il suo sogno da sempre, poi un master doppio con due università in accordo (una a Parigi e l’altra, la Bocconi, a Milano). E da lì un lavoro all’OCSE e poi il Parlamento europeo!

Un percorso più tormentato che mai, ma che ci ha insegnato che le superiori non segnano la nostra esistenza. Lui si è fatto un “mazzo” per recuperare l’inglese e per studiare quello che sognava. Il Parlamento, ci racconta, fu un’occasione inaspettata: si presentò come opportunità e lui la colse.

La verità sulle superiori:

“Le superiori sono davvero importanti nel percorso verso il lavoro o importa fin là? L’università è quello che conta?”

Mentiamo a noi stessi se diciamo che non importa assolutamente il voto e la scuola che scegliamo. Un pochino influisce, ma alla fine studiare ripaga. Può sempre tornare utile quello che si è fatto alle superiori e avere buoni voti ti risparmia un sacco di rimpianti. Poi si può fare qualsiasi cosa. Puoi imparare una nuova lingua, puoi fare le università top nel mondo e la differenza la fai tu. Studiare prima una lingua ti risparmia un po’ di tempo. Stessa cosa per le superiori che frequenti. Ma alla fine le università sono strutturate apposta per introdurti nella materia già ai primi mesi. Unico vantaggio: se hai fatto un liceo che tratta le stesse materie dell’università, i primi 6 sei mesi vivi di rendita

Vivere di rendita sarà anche comodo, ma puoi vivere di rendita per sempre, se ti appassiona quello che stai studiando.

Parliamo di università:

All’università le materie hanno un livello di approfondimento molto più ampio. E’ lì che finalmente “entri” nella disciplina e scopri se fa per te. Un esempio può essere la biologia: se hai studiato questa materia l’ultima volta in seconda superiore, esiste una percentuale elevata di rischio di sbagliare perché magari la biologia che studierai all’università non sarà quella che ti piaceva e studiavi con passione quando avevi quindici anni. E questa delusione la potresti provare anche in qualsiasi altra materia: magari l’economia dell’Einaudi la trovi interessante e stimolante, ma poi scopri che all’università ne hai piene le scatole.

Quindi su tutto c’è un rischio, ci ricorda Nicolò: “Il problema del sistema scolastico italiano è che devi decidere troppo presto e a caso le superiori. Quindi una volta finite, costretto nella scatola di quando non avevi idee sul futuro, ti chiedi cambio vita? O continuo a fare quello che ho fatto negli ultimi 5 anni con il punto di domanda del “c’è qualcosa là fuori che potrebbe piacermi di più”? Magari uno finisce la scuola, fa un anno sabbatico e dopo capisce che vuole continuare a studiare”.

Non c’è un percorso già pre-confezionato per tutti.

A proposito di anno sabbatico:

Quante volte ci siamo sentiti dire “se fai l’anno sabbatico e smetti di studiare poi non riuscirai più a riprendere!”. Ecco, a Nicolò lo hanno ripetuto molte volte e ci ha confessato quello che avrebbe voluto dire a queste persone: “A tutti quelli che mi hanno detto così, adesso direi che è una “cazzata”: è vero quando smetti di allenare il cervello, di interessarti, di scoprire, ma magari anche no! Uno che si rimette a studiare 2 anni dopo, potrebbe avere più convinzione di uno che si è sentito obbligato a continuare”.

Il ritmo dell’università magari ti scombussola, ma poi si rientra. Noi umani siamo famosi per le nostre capacità di adattamento. “Magari ci sentiamo oppressi dall’ossessione di genitori o parenti perché DOBBIAMO andare all’università… ma cosa serve tutta questa ansia; vai a farti un giro se ne senti il bisogno!”.

Il suo ‘ritardo’ rispetto la tabella di marcia degli altri:

Pensando a Nicolò e vedendo che lui adesso lavora al Parlamento Europeo, magari ci ritroviamo a pensare che lui ha abbia avuto un percorso di studi perfetto, nelle università migliori del mondo e con voti eccellenti! Ma invece conoscendolo abbiamo compreso che è molto più vicino a noi ragazzi indecisi di quanto crediamo.

Ha iniziato l’università 3 anni dopo gli standard (anzi, all’estero, dove ha fatto l’università lui sono 4 anni, perché lì si diplomano un anno prima!) è stato bocciato, ha fatto 2 anni in giro per il mondo, ma c’è l’ha fatta: “Sono arrivato al primo anno di università con 4 anni in più di quelli che cominciavano. Avevamo interessi diversi, una vita diversa. Loro facevano festa ogni sera, e per me anche no. Pace e bene. Il mio gruppo di amici era più intimo e più maturo di quelli che si formavano all’università. Magari adesso a 30 anni ho il livello di chi ne ha 25. PACE!” 

Nicolò ci ha trasmesso la consapevolezza che ci sono tanti percorsi paralleli e possibili per ognuno di noi. Arrivi in quinta con l’ansia, è normale. Ma dobbiamo cacciare via tutta questa oppressione e allontanare da noi questa rincorsa agli standard sociali. Ogni percorso è fatto di strade diverse. Prendere la decisione se fare o meno l’università non cambia la nostra vita per sempre. Si può fermare il nostro percorso di studi come lo si può iniziare più tardi. Ma è ciò che dobbiamo fare è vivere di esperienze!

Università in inglese e università privilegiate:

Su altri due aspetti eravamo interessate a conoscere la sua opinione: fare l’università in inglese oppure scegliere università d’èlite per avere determinate opportunità. Lui ci ha risposto così: “Datti l’opzione per fare qualsiasi cosa. Chiedi in Canada e vedi se ti accettano. Prova alla Bocconi e vedi come va. In base a quello che rispondono fai i conti. Ma l’importante è staccarsi dall’idea che per avere successo nella vita devi andare in un certo posto. Anche solo nelle nostre zone è strapieno di università eccellenti… Padova, Venezia, Trento, Bologna per citarne alcune, in cui con un ora di treno sei a casa. Non esistono università che ti chiudono porte, ma solo quelle che te ne aprono di diverse. Dovrai lavorare e sgomitare un po’ di più, ma è la vita”.

Per quanto riguarda l’università in inglese abbiamo approfondito. Serve essere dei geni nella lingua? NO, anche un altro ex-diplomato all’incontro di dicembre ce lo aveva detto. Lui studia economia e marketing in inglese. Gli abbiamo chiesto se a scuola fosse bravo, e lui ci ha risposto “per niente!”. Ma da Nicolò abbiamo anche compreso che pensare ad un anno sabbatico all’estero può rappresentare un’opportunità per ambientarsi al luogo, per poi iniziare. All’estero “è un modo di studiare diverso dal nostro, questo sì. Ma non vuol dire che sia necessariamente meglio. Ti pone fuori dalla tua comfort zone. Ci sono alternative come fare l’università in Italia e poi i Master all’estero. Per non parlare degli Erasmus… anche se in questi due casi arrivi ad un punto in cui il livello della lingua conta”.

Insomma, Nicolò ci ha raccontato con tutta sincerità il suo percorso e le sue idee, ma senza porle come regole o verità assolute. Ci ha sempre ricordato che per imparare la lingua lui si è messo in quella situazione di disagio perchè sennò non la avrebbe mai appresa, perché lui era fatto così. Ha fatto le scelte istintive, che sentiva come giuste per lui. Ha avuto la fortuna di sapere dove voleva arrivare con gli studi, ma il percorso è stato difficile.

Allora, ragazzi, prendiamo coraggio da questa storia e non facciamoci ostacolare da niente. Seguiamo i nostri sogni così da poterci vivere la vita senza rimpianti.

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1 commento

  1. Iafisco dice:

    Complimenti a Veronica e a Nicolò, entrambi miei ex alunni. Ricordo quando Nicolò mi chiese se il nome Pelapatate potesse essere adatto ad un giornalino della scuola. Ma ricordo anche quando gli dissi in più di un occasione che il suo futuro sarebbe stato in politica. E ci è finito dentro in qualche modo, lavorando al Parlamento Europeo!

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