ATTUALITA' LETTERE ALLA REDAZIONE SCUOLA

Essere prof oggi

Prof. Matteo Refosco

Nelle ultime settimane ho affrontato il tema del rapporto tra giovani e adulti con alcune mie classi quarte e quinte; ho la sensazione di essere di fronte ad una “rivoluzione copernicana”: chiamerei così la possibile
evoluzione del ruolo dell’adulto nei confronti dei ragazzi dopo l’esperienza della pandemia.

Tra tutte le figure di adulti di riferimento, quella dei prof è certamente chiamata ad una profonda con-versione provocata dalla presenza di nuove dinamiche nelle relazioni e dall’accelerazione di alcuni fenomeni, sorti in particolare a causa della didattica a distanza.

Naturalmente questa riflessione ha senso se la volontà di leggere “i segni dei tempi” e il coraggio di cambiare sono ancora valori imprescindibili per chi svolge questo lavoro… scusate, vocazione. Eh sì, parlo di vocazione perché la professione dell’insegnante deve necessariamente essere legata ad un sogno, che non può e non deve essere solamente quello della trasmissione dei contenuti della propria disciplina: il sogno, probabilmente, deve riguardare l’alunno nella sua interezza, la sua personalità, deve mirare al possibile contributo per aiutarlo a crescere in una vita piena, degna di essere vissuta e felice, a farlo diventare uomo nel senso più pieno del termine.

In questo anno e mezzo, ciò che prima della pandemia era nel bagaglio solo di qualche insegnante più carismatico e più empatico, sta bussando alla porta di tutto il Collegio Docenti; il rischio è quello di non riuscire più ad intercettare le onde comunicative dei ragazzi.

Con i suoi pro e i suoi contro, c’è la sensazione che il voto non sia più così sufficiente per garantire l’impegno, l’attenzione e l’interesse…: lo stesso apprendimento delle discipline è sempre di più la conseguenza di una relazione tra docente e alunno, della capacità di un prof di entrare in empatia, qualcosa che ha a che fare non solo con i contenuti, ma anche con i sentimenti e le emozioni, di comprendere ciò che l’alunno sta vivendo, comprendere e non giudicare.

Mani, Squadra, Uniti, Insieme, Persone, Unità

Certo, la sfida è ardua… ma forse per questo qualcuno dice che l’insegnante è il lavoro più bello del mondo… e sicuramente anche tra i più complessi…

Mi sovviene una affermazione profetica di papa Paolo VI, ancora degli anni ‘60: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”.
Che cosa significa essere testimoni, oggi, dentro le aule scolastiche?

Alla domanda “Che caratteristica deve avere un adulto per essere una persona di riferimento?”, le risposte degli alunni sono abbastanza concordi:

● Una persona che sa ascoltare non solo con le orecchie, ma anche con il cuore, e suggerire la strada migliore da percorrere; una persona con cui si può parlare liberamente (il tema dell’ascolto, quello vero, è uscito un’infinità di volte… bella provocazione!!!)
● Una persona in cammino, in ricerca, e quindi che non si sente già arrivata a destinazione
● Una persona “positiva”, solare, che si sa divertire, soddisfatta della propria vita nonostante le difficoltà e gli ostacoli… anzi, grazie anche alle difficoltà e agli ostacoli
● Una persona sincera e coerente
● Una persona a cui sta a cuore il bene dei ragazzi, di ogni singolo ragazzo
● Una persona che non sottovaluta le difficoltà dei giovani di oggi, molto diverse da quelle “di una volta”, e che va oltre i pregiudizi comuni
● Una persona con una mentalità aperta, che accetta i cambiamenti
● Una persona che sa sognare, che sa desiderare
● Una persona matura, con delle certezze assodate, autorevole, che riesca a farsi rispettare
● Una persona disponibile ad imparare, anche dagli alunni
● Una persona coraggiosa, disponibile ad andare anche controcorrente
● Una persona che crede nei ragazzi
● Una persona che accetta lo sbaglio, degli altri e proprio
● Una persona che crede nelle passioni dei giovani

Team, Lavoro Di Squadra, Insieme, Strategia

Alla luce di queste provocazioni, provo ad abbozzare alcune mie riflessioni; vi invito ad aggiungere le vostre nei commenti qui di seguito.

L’importanza dello stupore: l’insegnante è vivo, si sorprende, si emoziona, gioisce per un successo di un alunno e si prende cura di chi è in difficoltà (e non solo nell’apprendimento), a volte può sbagliare, ma ammette i suoi errori.
Il rapporto con la verità: l’insegnante è un assetato di verità, cosciente però di non possederla mai in pienezza; questo permette di creare con gli alunni non una semplice trasmissione di contenuti, ma una ricerca continua, creando anche delle alleanze costruttive tra docenti, famiglie e con i ragazzi stessi (“L’insieme è maggiore della somma delle parti”). Proprio per questo la formazione dell’insegnante è sempre “work in progress”.
L’insegnamento che ha a che fare con la creazione: l’insegnante è una persona creativa, che sa rischiare, che sa innovare e rinnovarsi, che dà vita, che forma, che ci mette passione e cuore.
Il desiderio di apprendere: l’insegnante è colui che sa ascoltare veramente, che sa camminare al passo dei ragazzi, che ha l’umiltà anche di “diventare a volte alunno”, apprendendo delle lezioni dai ragazzi.
La questione d’Amore: alla fin fine è sempre la motivazione per cui si è scelto di fare e di vivere questa professione che fa la differenza…

Ringrazio di cuore le tantissime colleghe e i tantissimi colleghi che anche in questo anno molto particolare mi hanno dimostrato che lo stile suggerito dai ragazzi è possibile, che una scuola di qualità e attenta alla persona non è solamente un sogno, ma una realtà che si sta realizzando, ricco di sfide, ma anche di soddisfazioni!

Non prendiamo paura: siamo insieme in questa bella sfida! La nostra forza è l’unione, tra di noi, con le famiglie e le altre “agenzie educative”, e con i ragazzi stessi!

Loro ci sono e desiderano essere attori e protagonisti di questa scuola, della storia, della vita!

Buon Cammino e Buona Estate!

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1 commento

  1. Daniel dice:

    Quando entro in classe ogni giorno, provo con tutto me stesso a crearmi e a ri-crearmi, con l’obiettivo di riuscire a strappare qualche sorriso dai volti che vedo, i quali sembrano a volte non chiedere altro se non fiducia e sana leggerezza. Fin da bambino sapevo di voler essere un prof, non per sentirmi superiore o per motivi simili, bensì perché ho sempre amato imparare e condividere conoscenze, sentendomi come in una tribù in cui tutti tutti insegnano e tutti imparano.
    Entrare in classe è per me una gioia, soprattutto quando vedo illuminarsi gli sguardi anche dopo una semplice battuta.
    Non solo contenuti e non solo vasi vuoti da riempire, bensì emozioni da conoscere e ammirare come stelle, astri luminosi che passano in notti care e luminosi sorrisi chiari.

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