ATTUALITA' STORIA

Tina Anselmi: la passione per la libertà

“Un paese che ignora il proprio ieri è un paese senza un domani”. Consci di questa affermazione del maestro Indro Montanelli (1909-2001), che è stato il più grande giornalista italiano del ‘900, il nostro giornalino scolastico ha raccolto la sfida di ricordare alcune importanti donne e uomini del passato italiano ed europeo, di cui, nel bene o nel male, non dovremmo mai dimenticarci.

La presenza femminile in politica, nei posti così detti “di potere”, non serve soltanto alle donne, ma serve a migliorare la qualità della società. Per tutti.

Tina Anselmi

Per noi giovani questo nome potrebbe suonare sconosciuto, e, lo ammetto, anche io non sapevo bene a chi appartenesse, ma quando ho letto che tipo di donna rappresenta, ho pensato che scrivere per il suo ricordo fosse un dovere. E quindi ecco un riassunto della vita di Tina Anselmi, con alcuni accenni alla sua carriera e il suo percorso verso l’uguaglianza.

Tina Anselmi è nata il 25 marzo 1927 a Castelfranco Veneto e cresce e frequenta le scuole in pieno regime fascista, in una famiglia contadina e cattolica.

È stata una partigiana, un’insegnante (a fine seconda guerra mondiale) e una politica italiana che ha fatto tanto per l’Italia.

Dopo vari trasferimenti a causa della Guerra, torna nella sua casa, qui a Bassano, a studiare, ed è proprio qui che nasce la sua devozione al bene comune, alla pace e alla libertà, dopo che assiste all’impiccagione di 31 prigionieri partigiani da parte dei nazifascisti, nel 1944.

Non poteva rimanere indifferente -afferma- ed è così che decise di entrare a far parte della Resistenza, con il nome di Gabriella (ispirato all’arcangelo Gabriele), e diventa staffetta partigiana.

Fin da giovane combatte, facendo parte di quel gruppo di donne coraggiose che in uno dei periodi più difficili della nostra storia, stavano in prima linea per l’Italia e la pace, al fianco degli uomini.

©: A.N.I.P

Nel secondo dopo guerra ha partecipato attivamente alla vita politica dell’Italia, inscrivendosi alla Democrazia Cristiana e a varie attività sindacali vicino alle donne, le quali, insieme all’ambito del lavoro e della sanità, la formano politicamente.

Dopo essersi impegnata nella CGIL e nella neonata CISL, risiede poi ininterrottamente per 25 anni nel Parlamento, occupandosi soprattutto di temi relativi alle parità di genere nel mondo del lavoro.

Ed è nel 1976 che raggiunge l’apice della sua persona, divenendo la prima donna Ministro in Italia nel terzo governo Andreotti, firmando poi, grazie al suo valore, la Legge fondamentale per il lavoro delle donne. Nel campo della Sanità, istituisce il Servizio Sanitario Nazionale, la riforma dell’assistenza psichiatrica e la legge per l’interruzione volontaria della gravidanza, anche se, in quanto cattolica, trova difficile occuparsi della legge Merlin, il divorzio e l’aborto. Ma nonostante ciò, si mette in discussione e si impegna per le donne.

Negli anni successivi continua la sua attiva vita politica, e nel 1998 presiede la Commissione nazionale sulle conseguenze delle leggi razziali per la comunità ebraica italiana.

Ancora non è accolto il principio che lo sviluppo del paese richiede un coro di voci che, seppure diverse, ad un certo punto devono ancora accettare di cantare la stessa canzone

Tina anslemi

I suoi incarichi sono il compimento della sua passione e voglia di giustizia con il sottofondo comune della questione femminile, per cui si batte e per cui guadagna dei risultati, ed è “Esempio di come le donne in politica possono fare la differenza”, afferma infatti Pia Locatelli.

Ironica, intelligente e sveglia, Tina non si scosse mai, né quando rapirono Aldo Moro, suo mentore, né quando cercarono di far saltare in aria la casa in cui si trovava con la sorella e le nipotine.

Si è spenta pochi anni fa, nel 2016, e così rimane il suo ricordo, di una donna devota, battagliera e pungente. Fedele all’Italia, alle donne, alla libertà.

©: Pietro Grasso

Ecco alcune sue risposte secondo me significative, ad una intervista per “La Voce del Popolo”:

La Resistenza fu una lotta contro la tirannide nazifascista. Quali sono i rischi da cui oggi deve difendersi la democrazia italiana?

[…] Il pericolo da combattere è quello del denaro come elemento capace di condizionare tutto […] Oggi, grazie a Dio, abbiamo lo strumento della partecipazione e del voto. Guai a non usufruirne! Guai a cedere a quel qualunquismo, a quel disinteresse, alla logica della delega in bianco, condizioni in cui rischiano di annidarsi, oggi, i peggiori pericoli per la democrazia del nostro paese.

La partecipazione delle donne può essere incentivata dai ricordi e dagli insegnamenti di alcuni eventi che hanno segnato la storia italiana del XX secolo?

Purtroppo dobbiamo ancora occuparci della questione femminile perché nel nostro paese non è ancora risolta […]

Le giovani di oggi, però, non devono rifuggire dalla possibilità di impegno sociale e politico. In questo può tornare utile l’insegnamento della Resistenza. Allora furono moltissime le giovani donne che non si sottrassero alla chiamata, che non esitarono a mettere a repentaglio la loro vita per dare un contributo al futuro democratico del Paese. Non bisogna aver paura di sporcarsi le mani, di prendersi a cuore i problemi. La cosa più grave sarebbe quella di voltare le spalle alla chiamata all’impegno. Oggi i tempi sono diversi rispetto a quelli della Resistenza. Quell’evento deve però insegnare come l’assumersi proprie responsabilità sia un dovere ineludibile.

Quali interventi potrebbe suggerire ai governanti italiani per accrescere la partecipazione delle donne alla vita politica e sociale del Paese?

Un passaggio non ancora compiuto, ma da compiere al più presto, è quello della messa in campo di servizi capaci di aiutare la donna ad essere presente nel mondo del lavoro, nel sociale, nella politica, per consentirle, insomma, l’assunzione di precise responsabilità. La donna deve essere messa in grado di armonizzare le sue diverse esperienze di lavoratrice, madre e moglie.

I nostri governanti devono rendersi conto che il mondo sta cambiando e che in questa prospettiva la donna deve poter giocare un ruolo di primo piano. Servono dunque precise scelte politiche che aiutino questo passaggio. Scelte politiche che partano dal basso e dalle piccole cose

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