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Intervista a Silvia Ziche: il percorso di una passione

Intervista a cura di Veronica Pontarollo e Isabel Mursia

Riportiamo di seguito l’intervista effettuata alla brillante e talentuosa disegnatrice italiana Silvia Ziche, autrice di numerosi personaggi dei fumetti ormai entrati nell’immaginario collettivo e collaboratrice storica di Disney.
Le abbiamo fatto alcune domande molto interessanti sulla sua vita e sul suo percorso che dovrebbero essere di ispirazione per tutti nel seguire i propri sogni e le proprie passioni.

© SilviaZiche

Come è nata la sua passione per il disegno? Disegnava molto da piccola?

Sì, ho sempre disegnato tantissimo. Credo che la passione per il disegno sia nata con me. Ma credo che insieme alla passione per il disegno sia nata anche quella per le storie. Per fare un fumetto non è necessario solo saper disegnare, ma anche saper scrivere. A volte chi scrive è una persona diversa da chi disegna, e si chiama sceneggiatore. Ma a me piace fare tutto da sola.

Da bambina leggeva i fumetti Disney? C’è un fumetto che ha segnato la sua infanzia?

Guardavo i disegni di Topolino prima ancora di cominciare a leggere. Ci sono delle storie che mi hanno davvero segnata, perché erano talmente belle che mi sembrava di essere al cinema, mi perdevo dentro ogni vignetta. Erano storie dei primi anni ‘70, disegnate da Giorgio Cavazzano, che è diventato allora, ed è rimasto tuttora, il mio mito e il mio maestro.

Cosa l’ha avviata a diventare autrice di fumetti professionista? Chi oppure cosa ha influito sulla sua scelta?

Ero appassionata e testardissima, volevo assolutamente fare fumetti, ma non avevo idea di come si facesse. Mi serviva qualcuno che mi aiutasse a capire che il disegno associato a un testo può diventare un lavoro. Il primo che me l’ha spiegato, da ragazzina (avevo circa 15 anni) è stato Alberto Simioni, autore di Gigitex, personaggio che usciva sulle pagine del Piccolo Missionario. La seconda persona che mi ha aiutato a imparare seriamente il lavoro, e quella che più ha influito sul fatto che realmente riuscissi a farlo, è stato Giorgio Cavazzano. Spesso da ragazzi si tende a perdere tempo, a compiacersi delle proprie (presunte) capacità. Lui mi ha spronato a non accontentarmi mai di quello che facevo, mi ha dato una mossa. E’ stato un maestro rigido e sincero, mai accomodante, ma sentivo che lo faceva perché vedeva in me qualche talento.

© SilviaZiche

Ha sempre avuto un suo stile nel disegno o lo ha trovato in un momento particolare?

Diciamo che mi è sempre piaciuto il disegno umoristico. Ma lo stile è una cosa che si definisce con il tempo e con tanto lavoro. Probabilmente si è definito bene quando ho cominciato a pubblicare, ma è una cosa che si evolve continuamente. Credo che sia necessario cercare di migliorarsi sempre.

Cosa le interessa raccontare attraverso i suoi fumetti?

In questo caso devo dare due risposte differenti. Con le mie storie di Lucrezia voglio raccontare il mio punto di vista sul mondo, rendere visibili cortocircuiti e pregiudizi. Lo faccio con leggerezza, ma spesso gli argomenti che tocco sono molto seri. Con le storie Disney invece voglio solo raccontare una storia avvincente e divertente. Però anche qui mi interessano molto le relazioni tra i personaggi. Anche se sono comunque codificate, ci si può giocare parecchio.

Il suo stile fa riferimento a qualche scuola di fumettisti?

A una scuola in particolare no. Posso dire che ho letto un sacco di fumetti, e ho cercato di imparare qualcosa da quelli che mi piacevano di più. Sono partita da Topolino, poi sono passata ad Asterix, alle strisce americane (Peanuts, Calvin e Hobbes, Dilbert e tante altre), a Lupo Alberto, a Claire Bretécher. Tantissimi altri mi hanno influenzata, elencarli tutti sarebbe troppo lungo, e rischierei di dimenticare qualcuno.

©: SilviaZiche

Come nasce un personaggio di Silvia Ziche?

Di solito nasce dall’esigenza di raccontare una storia. Alice a Quel Paese, che usciva nei primi anni ‘90 su Comix, è nata perché avevo bisogno di raccontare il mio spaesamento di ventenne alle prese con la vita adulta, senza nessuno che mi avesse fornito un libretto di istruzioni per l’uso. Lucrezia è nata per raccontare i malintesi nella comunicazione tra le persone. Quindi prima nasce l’idea del racconto, e poi nasce l’aspetto del personaggio. Lucrezia doveva essere una ragazza non bella, un po’ “difettata”, non poteva essere né una principessa né un’eroina: attraverso di lei volevo raccontare i difetti del mondo, e non avrei potuto farlo se non trincerandomi dietro una feroce autocritica. Se invece devo ideare un personaggio nuovo per una storia di Topolino, prima cerco di capire qual è il suo carattere, la sua funzione nella storia, e poi comincio a cercare una veste grafica.

Come è nato il personaggio di Lucrezia?

Come ho detto sopra, volevo raccontare i cortocircuiti della comunicazione tra le persone. Quindi mi serviva un personaggio che rappresentasse il mio punto di vista, ma che avesse molta più libertà di movimento e di espressione. Che avesse un carattere esagerato. Insomma, mi serviva qualcuno da mandare avanti al posto mio. Siccome doveva avere un carattere piuttosto ostico, anche l’aspetto grafico non poteva essere troppo dolce o piacevole. Così è apparsa lei, spigolosa e non bella. Anche il nome l’ho scelto perché, oltre a essere bellissimo, è pieno di consonanti, ha un suono duro.

Ha mai pensato di abbandonare, di cambiare il suo lavoro?

No, mai. Ho avuto e ho, ogni tanto, dei momenti di stanchezza. Ma non ho mai pensato di abbandonare.

Che cose le piace di più del suo lavoro? E cosa di meno?

Mi piace la creatività, il fatto che per inventare le storie si finisce con la testa in un altro mondo, in cui si ha il controllo della situazione. E, visto che faccio fumetti umoristici, ci si diverte anche tanto. Quello che mi piace meno è che è un lavoro estremamente sedentario, e solitario. Ma non lo cambierei con nessun altro.

© SilviaZiche

Con l’aumentare della tecnologia, il disegno su carta è stato sorpassato da quello su tablet grafici. Con quale per lei è più ‘facile’ o piacevole lavorare? Le dispiace che si sia persa un po’ la tradizione della carta?

Continuo imperterrita a lavorare sulla carta. Mi piace troppo. Quando gli editori mi chiederanno di passare al digitale lo farò. Per ora mi limito a fare le scansioni dei disegni e qualche aggiustamento o correzione con Photoshop.

Che fumetti consiglia alle persone che vogliono iniziare a leggerli?

Difficile rispondere. La scelta di un fumetto, o di un romanzo, è sempre una cosa molto soggettiva. Quello che consiglio è andare in una libreria molto fornita e perdercisi dentro. La lettura è comunque una scoperta. Insomma, si va in libreria per cercare un tesoro. E il più delle volte lo si trova.

Il suo personaggio dei fumetti preferito?

Non ce n’è uno solo, sono tanti. Paperino, Asterix, Calvin e Hobbes, Lupo Alberto… 

Un consiglio ai giovani disegnatori che vorrebbero diventare fumettisti…?

Essere curiosi. Leggere tanto, fumetti ma anche romanzi e riviste. Disegnare tantissimo, senza innamorarsi mai di quello che si è fatto, cercando sempre di migliorarsi. Essere molto autocritici: può aiutare a evitare alcune critiche che arriveranno dall’esterno. Non prendere per buoni i giudizi di mamme, papà, sorelle, fratelli, amici: ci vogliono troppo bene per essere oggettivi. Accettare le critiche: c’è sempre un fondo di verità. Essere ostinati e testardi. Mettersi alla prova sul web, con un blog o una pagina su qualche social: aiuta a capire qual è la reazione di un pubblico sconosciuto, aiuta ad aggiustare il tiro. Scriversi anche le storie: come ho detto i fumetti non sono fatti solo di disegno, c’è un duro lavoro di scrittura che precede la fase di disegno. Non perdere le speranze alle prime reazioni negative: il percorso per imparare è sempre molto lungo e faticoso. 

© SilviaZiche

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