ATTUALITA'

Il mondo attraverso Instagram

PRIMA:

Non mi sono mai sentita così oppressa da questa pandemia. Lo scorso anno (come tutti) da un giorno all’altro, durante le vacanze di Carnevale, annunciano che saremmo stati tutti a casa in quarantena per un tempo indeterminato. E la mia faccia, da perplessa, si è subito riempita di meraviglia quando al cervello è arrivata l’informazione “NON SI VA PIU’ A SCUOLA”.

E come potete tutti ricordare, le prime settimane effettivamente non abbiamo fatto niente e la scuola era un brutto lontano ricordo. Avevo la mia famiglia, il mio giardino, la pace e i miei libri. Niente di meglio.

Poi, però, il tempo passava. Durante la giornata se non facevo biscotti fissavo il soffitto e, proprio quel pomeriggio lì, in totale stato vegetale, mi misi a pensare, mentre la parte cinica di me cercava di farmi tornare alla giornata noiosa che stavo vivendo:

Come sarebbe vedere un cielo soleggiato o qualche uccellino in volo, che non siano quelli logorroici sopra casa mia?

Ma che razza di pensiero è questo?! Il cielo è tutto uguale Veronica, dai… Non ci sarebbe niente di nuovo!”

Mmh, forse sì. E allora come sarebbe poter tornare a vedere le persone senza mascherina?

Ma cosa vuoi che ti importi vedere la faccia della gente! Tanto non guardi mai in viso nessuno, non saluti anima viva e pensi anche tu che certe persone potrebbero allungarsi la mascherina dal mento alla fronte!

Su questo ti do ragione, certi individui è proprio bello non vederli più. Ma i parenti? Gli amici? Mi manca tornare a passare le serate spensierate di una volta.”

Senti, smettila con questi pensieri profondi, lo sappiamo entrambe che l’unica cosa che ti manca sono le brioche calde al mattino e andare a pranzo da tua nonna quattro giorni su sette. Il resto sono tutte azioni quotidiane di cui dopo tornerai a provare la stessa abitudine di prima. Alla fine è tutto meglio. Ti svegli un’ora dopo per iniziare scuola, non devi aspettare al freddo nessun bus, stai in pigiama tutto il giorno…

Scusa, ma non ci pensi alle persone malate? Alla mamma che lavora in casa di riposo? Voglio dire, se prendo il Covid e glielo passo, lei se lo porta dai vecchietti, e provochiamo uno sterminio di massa!

Macché, a noi non è mai successo niente del genere, non lo prenderemo mai. La vita divano-frigo è bella e basta. È un dato di fatto, adesso smettiamola che…

VERONICA!!! Vieni subito a sparecchiare la tavola, fare la lavastoviglie, passare la polvere e fatti una doccia che non tocchi del sapone dall’era della pietra!

E in pratica è finita così. Mia madre che mi urla di dare un senso alla mia vita ed i miei pensieri filosofici che sfumano via.

Negli altri giorni ho pensato ad altre cose. Tipo che svegliarsi alle 10 per una lezione alle 11 non fosse così male. Che alla fine in quel momento eravamo tutti al sicuro.

Poi, però, non capivo l’emergenza degli ospedali sovraffollati, cosa significasse chiudere un’attività per mesi e non sapere come guadagnarsi da vivere, cosa volesse dire essere lontani dalle persone amate… o avergli detto “addio”. Io vedevo il mio pezzo di mondo tutto rose e fiori e, nei mesi tra marzo e maggio, non mi resi conto che l’unico mio modo per uscire di casa, con la mente almeno, fosse attraverso i social. Vecchi road trip di qualche viaggiatore, story in evidenza su Instagram di gente stata in Thailandia, Hawaii, Indonesia…mentre io non ero mai uscita dalla penisola.

La mia vita girava lenta ed inconsapevolmente l’ho vissuta dietro uno schermo che mi mostrava quella degli altri.

Quest’anno non è giornata

(cit. Anonimo)

DOPO:

Fu mesi dopo, dopo l’estate, dopo giornate in cui finalmente la mascherina la lasciavo nella borsa del mare e correvo come una pazza verso le onde. Fu mesi dopo, rinchiusa di nuovo in casa, che una sera, riflettendo con i miei a tavola, mi resi conto che per l’ennesima volta, il mondo non lo vedevo altro che attraverso i social.

E fu maledettamente triste tornare a vedere il mondo attraverso gli occhi degli altri, attraverso fotocamere e obiettivi che in quel momento rappresentavano tutta la mia impotenza nel camminare. Correre. Volare.

Però quella sera, dopo aver tanto ragionato, mi persi di nuovo. Le giornate tornarono a scorrere inesorabilmente veloci, ma di una velocità che ti distrugge. Ti perde.

Pensandoci bene, fino a settembre noi giovani non avevamo ben capito la gravità della situazione. Tutto era sottovalutato. I primi mesi di pandemia eravamo in casa e d’estate tutto sembrava “tranquillo”, quasi passato.

È in questi mesi, che ho capito. Ho sentito l’oppressione delle restrizioni. “Andiamo a mangiare dalla nonna” è diventato “Chi ha voglia di cucinare?”, il “Posso invitare qualche amica a dormire?” è cambiato in “Posso far dormire il gatto con me stanotte?”.

Ed è qui che la parte cinica di me è rimasta senza parole, perché quel “A NOI NON SUCCEDONO QUESTE COSE” è diventato “Il papà è risultato positivo al Covid”.

E quindi l’impotenza, l’isolamento fisico ed emotivo, la noia, hanno preso gli occhi del papà. Non gli sono stata vicino per settimane, era costantemente chiuso in camera, non abbiamo più mangiato insieme, la noia lo rendeva nervoso, e i dolori e il mal di gola non gli lasciavano pace.

Il virus era entrato a pieno nella mia vita e la patina che mi copriva gli occhi è scivolata via, lasciando spazio a bollettini sanitari non molto speranzosi, uno stato in crisi e la nostra vita… sconvolta.

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I DPCM riuniscono vere e proprie riunioni inter-familiari sul divano.

Escono più decreti che persone dai propri comuni e l’unico modo in cui riesco a trovare un po’ di speranza, è leggere le frasi motivatrici dei Baci Perugina che mangio a vagonate.

Insomma, dai prossimi DPCM non chiediamo molto. Qualche promozione per tutti i giga che utilizziamo sui Reels e su Tik Tok, qualche sconto per pigiami, antidepressivi e magari le coordinate per la città della sanità mentale.

“A questo punto il Papa dovrebbe schiaffeggiare un’altra cinese per spezzare la maledizione”

(cit. felice_chi, Twitter)

Cosa vi manca di più?

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