Iman Halabi e Beatrice Zonta
Con l’avvio del nuovo decennio, un raid aereo americano ha colpito un convoglio di auto in transito vicino all’aeroporto di Baghdad. A bordo c’erano, tra gli altri, due figure chiave: Abu Mahdi al-Muhandis, leader delle Kataib Hezbollah e il generale iraniano Qasem Soleimani, capo della Forza Quds, l’unità d’élite delle guardie della rivoluzione iraniana. Entrambi sono rimasti uccisi nell’esplosione. Secondo le prime ricostruzioni, Soleimani era arrivato a Baghdad per presenziare alla veglia funebre dei 25 miliziani delle Kataib Hezbollah rimasti uccisi in un altro bombardamento americano il 29 dicembre 2019. Egli ebbe un ruolo fondamentale nella guerra contro l’ISIS e fu considerato uno degli uomini più potenti del Medio Oriente, nonché l’uomo che più di ogni altro aveva contribuito a ridisegnare gli equilibri di potere della regione nell’ultimo decennio. Soleimani ha manovrato per anni per aumentare l’influenza iraniana in Iraq, attraverso le stesse milizie sciite che, in settimana, hanno preso d’assalto l’ambasciata degli Stati Uniti.
In tutto il mondo, l’assassinio di Soleimani è stato accostato a quello dell’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando a Sarajevo nel 1914. Anche questo evento, rischia di segnare l’inizio di una vera e propria guerra, dalle conseguenze catastrofiche, il cui teatro potrebbe essere l’intero Medio Oriente, se non oltre.
Con l’evento della prima rivoluzione industriale, non solo l’inquinamento ebbe una crescita esponenziale ma il cambiamento climatico iniziò una svolta che, ai giorni nostri, si è tradotta in un punto di non ritorno. Intorno alla metà del ‘700 il declino ebbe inizio a causa dello sfruttamento eccessivo delle risorse naturali; queste, infatti, venivano e vengono tutt’ora consumate fino allo stremo, causando la morte della Madre Terra stessa.
La percezione del problema è ammortizzata dall’idea stereotipata che abbiamo della guerra: siamo soliti a immaginarla come un conflitto disegnato da armi quando, invece, la vera guerra è tra l’uomo e l’ambiente. Di conseguenza è una battaglia contro noi stessi, senza vincitori né vinti, che porta alla distruzione della realtà per come la conosciamo.
È infantile nascondersi dietro la ricerca di nuove soluzioni quando basterebbe ridurre o rinunciare a situazioni di privilegio per favorire il bene comune. L’egoismo porta la nostra “civiltà” a selezionare priorità temporanee anzichè priorità che sicuramente danneggeranno i posteri e la loro vita sulla terra.
Così crolla un equilibrio primordiale a scapito del capitalismo.